“Questo lavoro, pubblicato su Scientific Reports, costituisce la prima analisi completa del microbiota intestinale di un Paese mediterraneo», affermano gli autori.”
“I nostri risultati confermano l’associazione tra alcuni degli alimenti che caratterizzano la dieta mediterranea (principalmente verdure e noci) e l’abbondanza di taxa (nelle scienze biologiche, le categorie sistematiche NDR) batterici che, a loro volta, sono associati a benefici per la salute”.
Sono due affermazioni degli autori di un ambizioso studio spagnolo, recentemente pubblicato e di cui ci offre un’ampia sintesi la testata Microbioma.it
“Il gruppo di ricercatori guidato da Adriel Latorre-Pérez del Darwin Bioprospecting Excellence S.L. e Marta Hernández dell’Instituto Central Lechera Asturiana para la Nutrición Personalizada ha analizzato il microbiota intestinale di 530 persone sane provenienti dalla Spagna. Il team ha anche raccolto informazioni sulle abitudini alimentari di 528 partecipanti allo studio.
Nei campioni analizzati, i due phyla batterici dominanti sono risultati Firmicutes e Bacteroidota, seguiti da Proteobacteria, Verrucomicrobiota e Actinobacteriota. Questa composizione del microbiota rispecchia quella di individui sani già osservata in precedenti studi. I partecipanti provenienti dalle Isole Baleari presentavano una diversità microbica più bassa, mentre gli individui di due regioni del nord della Spagna quella più alta.
Il microbiota intestinale di uomini e donne è risultato simile, sebbene gli uomini avessero una maggiore abbondanza di Proteobacteria e Faecalibacterium. Dai dati ottenuti è emerso anche che diversi marcatori microbici erano associati all’età; in particolare, l’abbondanza di Bifidobacterium si è ridotta con il passare degli anni, mentre quella dei Cianobatteri è aumentata.
I risultati, pubblicati su Scientific Reports, potrebbero fornire una base per studi futuri sugli effetti della composizione del microbiota intestinale sulla salute e sulle malattie.”

Visto l’interesse del tema e lo sforzo metodologico che lo ha reso possibile abbiamo rivolto alcune domande in merito alle sue conclusioni al Dott. Emanuele Rinninella (Dirigente Medico, UOC Nutrizione Clinica, Fondazione Policlinico A. Gemelli IRCSS).
Quali finalità?
“Il lavoro punta a fornire una risposta ad una domanda ben precisa: qual è la composizione di un “healthy” microbiota?” è la prima risposta del Dott. Rinninella, che prosegue “Il topic è interessante perché, ad oggi, un benchmark di riferimento non esiste in maniera univoca. Come ammettono gli stessi Autori, il microbiota cambia non solo in base alla regione geografica, ma anche al sesso, all’età, alla dieta e in generale allo stile di vita di ogni individuo; nello stesso individuo cambia nelle varie fasi della sua vita ed in base allo stato di salute, malattia, assunzione di farmaci ecc.”
“Capire cosa sia un microbiota sano” prosegue il Dott Rinninella “potrebbe in generale farci pensare a come ripristinare uno stato di salute in condizioni di malattia attraverso la modulazione del microbiota stesso. Ad ogni modo non si è ancora capito se le modifiche di questo ecosistema possano essere la causa o la conseguenza di stati patologici.”
“Per poter fornire una risposta a queste domande gli Autori hanno preso una popolazione di riferimento, quella spagnola, selezionando 530 campioni di feci da rispettivi individui, effettuando una selezione sulla base delle regioni di provenienza e arruolando un numero di soggetti proporzionale alla densità di popolazione per regione, in modo da rendere il campione rappresentativo della intera popolazione. Gli autori hanno arruolato pazienti “sani”, ovvero senza malattie particolari e che non avessero assunto antibiotici nei 6 mesi prima dell’arruolamento.
Qual è la composizione del microbiota osservato?
“Dall’analisi del microbiota di questi soggetti emergono dati interessanti che confermano come la distribuzione dei Phyla e dei generi corrisponda grosso modo a quella che la letteratura indica come quella di un microbiota standard, con una predominanza di Firmicutes seguiti da Bacteroidetes, Proteobacteria, Verrucomicrobia e Actinobacteria. Gli autori hanno anche rilevato correlazioni significative tra alcuni generi batterici (es. Eubacterium eligens e Flavonifractor ) e il consumo di alcuni cibi ritenuti convenzionalmente sani (legumi, vegetali, noci) o insani (bevande zuccherate, dolci ecc), con l’età (es. Bifidobacterium) o con il sesso (genere Faecalibacterum e Phylum dei Proteobacteria)“.
Obiettivi raggiunti?
“In primo luogo, è la risposta del Dott. Rinninella “gli Autori danno per scontato che la popolazione spagnola segua una dieta mediterranea e che perciò si possa estendere la composizione del microbiota spagnolo a quella di una popolazione sana che esegua dieta mediterranea. Più volte ribadiscono che la Spagna è per definizione un paese in cui si esegue una dieta mediterranea. In realtà, la dieta dei soggetti coinvolti non è stata valutata secondo gli scores di aderenza alla dieta mediterranea (Mediterranean Diet Score tool, MDS by Trichopoulou et al. ). Sappiamo bene che non è scontato che la persone oggi mangino secondo uno stile mediterraneo, anche nei paesi del sud-Europa (Italia in primis).”
“Inoltre prosegue il Dott. Rinninella “Le abitudini alimentari non sono state raccolte con un questionario validato in letteratura ma solo attraverso la frequenza settimanale o mensile di assunzione di determinate categorie, peraltro senza capire bene quali siano le porzioni standard o i quartili di riferimento.”
Quali conclusioni possiamo trarre da questa esperienza?
“Nei commenti che ho letto sulla stampa, credo ci sia una semplificazione eccessiva nel considerare il microbiota dei soggetti spagnoli sani come quello “healthy” di riferimento”
“Sappiamo bene che altre popolazioni, quali quelle rurali dell’Africa centrale, hanno una composizione completamente diversa da quella dei soggetti che vivono alle nostre latitudini (Di Filippo, 2010), non effettuano una dieta mediterranea e godono comunque di buona salute rispetto a noi (hanno anzi una prevalenza minore di malattie metaboliche e cardiovascolari).”
“In questi casi, il microbiota si adatta alle caratteristiche del luogo e risponde a specifiche esigenze grazie a un corredo enzimatico funzionale alla digestione di substrati diversi e mirato alla produzione di metaboliti utili per l’ospite.”
“In conclusione, il microbiota intestinale “sano” si adatta alle esigenze del luogo in cui si vive, sfruttando al massimo le potenzialità della dieta di cui si nutre l’ospite. Per questo varia di regione in regione e ci consente, con la sua resilienza, di adattarci a diverse circostanze e luoghi. E’ difficile però ingabbiarlo in categorie “strette” – forse più funzionali al marketing che allo stato di salute. E’ al contempo necessario conoscere la composizione del microbiota dei soggetti sani delle diverse regioni, per capire come rispettarlo e curarlo, evitando di danneggiarlo con stili di vita e diete mediocri e pericolose”.




