I pazienti affetti da malattie infiammatorie croniche intestinali (IBD/MICI) sono spesso sottoposti, nel loro percorso diagnostico/terapeutico, a procedure endoscopiche, che per il paziente rappresentano un momento di stress, fisico e mentale. Abbiamo intervistato il dr. Daniele Napolitano, Infermiere IBD CEMAD, autore di un’indagine nazionale italiana che ha indagato il livello di conoscenza dei percorsi diagnostici e terapeutici dei pazienti IBD da parte del personale infermieristico (qui la prima parte dell’intervista).
In questa seconda parte dell’intervista, il dr. Napolitano ci aiuta a capire meglio quali sono le necessità dei pazienti IBD e il percorso d’eccellenza che questi pazienti hanno a disposizione all’interno di CEMAD.
Dottor Napolitano, quali sono i bisogni dei pazienti IBD cui un infermiere adeguatamente formato può rispondere?
Oggi l’infermiere, e in particolare l’infermiere IBD, è un elemento essenziale del Team Multidisciplinare chiamato ad assistere il paziente IBD. Esso rappresenta un ponte all’interno del percorso diagnostico-terapeutico tra il paziente e il gastroenterologo, tra lo specialista e l’esame diagnostico, tra la ricerca e le perplessità e dubbi che durante il percorso possono arrivare. L’infermiere è il professionista in grado di sviluppare un programma assistenziale per migliorare la qualità di vita, di attuare il processo di nursing, di essere per il paziente e per il care giver il contatto diretto con il centro di riferimento. La pandemia Covid-19 ha rafforzato ancora di più questo legame, che con l’aiuto del telenursing ha permesso agli infermieri IBD delle IBD-Unit di supportare i pazienti a distanza limitandone gli spostamenti e mettendoli in comunicazione con i medici nei casi più complicati.
Come può migliorare la collaborazione tra operatore sanitario e paziente/care giver?
La strada per il miglioramento del rapporto infermiere-paziente è senza dubbio il riconoscimento professionale sia all’interno della struttura che a livello culturale nella popolazione. Gli infermieri oggi hanno bisogno di essere specializzati e di essere riconosciuti all’interno dei Percorsi Terapeutici Diagnostico Assistenziali(PTDA). Un infermiere con competenze avanzate riconosciute può aspirare ad essere all’interno di un percorso assistenziale una figura di riferimento che sia accettata in maniera scientifica e fiduciaria dal paziente stesso, e non restare nella generica posizione di supporto.
Quale percorso trovano i pazienti IBD che necessitano di endoscopia digestiva al CEMAD?
Oggi, al CEMAD, siamo riusciti a creare un percorso diretto CEMAD/ENDOSCOPIA, dove personale medico-infermieristico dedicato si prende cura dei pazienti dalla preparazione intestinale, all’esecuzione dell’esame. La gestione è inoltre completata da una segreteria dedicata, adeguatamente formata, in grado di gestire le numerose richieste in base alle priorità, di comunicare con il paziente (telefono/email) e di interfacciarsi con gli operatori sanitari per le dinamiche più complesse. Esistono infermieri IBD in grado di seguire il paziente dia in ambulatorio per la gestione delle terapie biologiche che in sala endoscopica. Inoltre, lo stesso personale segue i pazienti all’interno di TRIAL SPERIMENTALI, fornendo loro supporto e possibilità terapeutiche innovative. Tutto ciò è stato permesso grazie alla Vision che caratterizza il CEMAD, in cui la centralità del paziente è un punto fermo dell’approccio assistenziale globale.
Oggi, infine, oltre ad essere riconosciuti al mondo tra i migliori ospedali, noi come infermieri IBD, ricopriamo incarichi nelle maggiori Società Scientifiche Italiane (ANOTE ANIGEA, AGGEI ITALIA) ed Europee (N-ECCO).
Ringraziamo il dottor Napolitano per questo prezioso contributo: per approfondimenti, guarda anche l’intervista sul ruolo dell’infermiere dedicato a MICI/IBD.


