In un anno caratterizzato dalle molte novità, anche in ambito terapeutico, che hanno aperto scenari nuovi in tema di Malattie Infiammatorie Croniche, apriamo settembre con le voci di due specialisti impegnati sul fronte della terapia chirurgica delle MICI. Partiamo con il Dr. Angelo Potenza (UOC Chirurgia addominale, Policlinico Gemelli IRCCS), affrontando un argomento all’interno della grande problematica delle complicanze delle MICI/IBD: le fistole anali.
“Sappiamo bene che purtroppo quasi il 30% dei pazienti affetti da morbo di Crohn soffre di una localizzazione di malattie a livello perianale. Spesso è proprio questa localizzazione che altera di molto la qualità di vita di questi pazienti” ci conferma il Dr. Potenza. “Nello specifico, adesso abbiamo tante nuove opzioni terapeutiche per questo tipo di patologia. Oggi vediamo aprirsi quelle che sono le nuove frontiere del trattamento di questa patologia e soprattutto l’utilizzo di cellule staminali o totipotenti da donatori o autologhe, quindi dallo stesso paziente, che possono, mediante opportuni trattamenti, essere utilizzati per il trattamento delle fistole perianali da morbo di Crohn”.
D “Vogliamo approfondire questo aspetto delle staminali e del loro impiego?”
Potenza “Le cellule staminali da donatore autologo vengono prelevate da quello che è il grasso sottocutaneo, soprattutto a livello addominale o a livello delle cosce, vengono in un certo senso microfiltrate, trattate, per cui si forma un sopranatante che può essere utilizzato per essere inoculato proprio nel tragitto fistoloso per far chiudere le fistole da morbo di Crohn.
Sui grossi trial, cui abbiamo partecipato ormai da più di 10 anni, hanno migliorato di molto l’outcome di questo tipo di fistole con una percentuale di chiusura che si mantiene anche dopo due anni dal trattamento ed è quasi intorno al 60%” ci dice il Dr. Potenza, che aggiunge “Il trattamento standard delle fistole perianali è il drenaggio degli ascessi e il posizionamento dei setoni. Con questi trattamenti riusciamo ad eliminare il setone e a chiudere la fistola; quindi, sicuramente c’è un miglioramento e addirittura ci può essere anche la guarigione completa della fistola che, come ho anticipato, può arrivare fino al 60% dei casi.”
Tra le novità che hanno trovato una conferma nell’anno in corso, c’è sicuramente il ruolo peculiare della chirurgia nelle MICI, come ci illustra il Dr. Franco Sacchetti (UOC Chirurgia Addominale, Policlinico Gemelli IRCCS).
“Stiamo assistendo a una vera e propria rivoluzione: il ruolo della chirurgia che storicamente, nelle Malattie Infiammatorie era riservato a una fase di complicanze, negli ultimi anni si sta spostando e diventando un’alternativa, sotto alcuni punti di vista, ad altre opzioni terapeutiche” sottolinea il Dr. Sacchetti “Stiamo riuscendo con la ricerca ad ottenere tecniche sempre più mininvasive e stiamo riuscendo ad applicarle anche alle Malattie Infiammatorie Croniche dell’Intestino, rimaste un pochino indietro rispetto ad altri tipi di chirurgia”.
D “Quanto è importante lo sviluppo della tecnologia?”
Sacchetti “Stiamo riuscendo ad essere sempre meno traumatici, a fare interventi chirurgici sempre più complessi, con tecniche sempre meno invasive, complice le innovazioni tecnologiche, ad esempio anche le ricerche in ambito di chirurgia robotica, che stanno riuscendo a rendere l’intervento meno traumatico per il paziente. Tutto questo sta contribuendo a spostare il timing dell’intervento chirurgico in una fase sempre più precoce per poter ottenere risultati validi e poter configurare l’atto chirurgico come una valida alternativa spesso a trattamenti farmacologici protratti nel tempo e molto lungo”.
D “Ci vuole dare un quadro di quelli che sono gli interventi più frequenti?”
Sacchetti “La chirurgia delle Malattie Infiammatorie Croniche dell’Intestino è per definizione una chirurgia eterogenea: sono situazioni cliniche estremamente differenti una dall’altra e questi quadri eterogenei dal punto di vista clinico portano poi a interventi chirurgici estremamente diversi. Nessun paziente IBD è uguale ad un altro paziente IBD e questo si rispecchia molto anche nell’aspetto chirurgico. Sicuramente è fondamentale una chirurgia cucita sul paziente e mi sento di sottolineare sotto questo punto di vista l’importanza della figura dell’IBD-Surgeon, dell’importanza di centri ad alto volume anche in ambito chirurgico, che si occupino di ricerca di alti volumi, di trattamento specifico e specialistico, ultra-specialistico a volte, di questo tipo di malattie, anche dal punto di vista chirurgico, perché gli interventi possono essere spesso eterogenei, molto diversi uno dall’altro”.
Alla Dr.ssa Maria Antonietta Di Salvatore (UOSD Oncologia Toraco-Polmonare, Pol. Gemelli IRCCS) abbiamo infine chiesto un commento sulla vocazione multidisciplinare e multispecialistica del Gemelli, anche nel campo delle MICI, ecco la sua sintesi:
“La Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS è una fondazione ad impronta oncologica significativa. Il numero di pazienti oncologici che afferiscono alla nostra struttura credo sia il maggiore d’Italia e questo ci dà il privilegio di trattare pazienti con differenti patologie, di poter accedere a studi clinici con farmaci altamente specifici, sperimentali, ma questo ci pone anche di fronte al trattamento e al management di tossicità peculiari che non tutti i centri riescono a intercettare” afferma la Dr.ssa Di Salvatore.
“La fortuna di lavorare in un policlinico come questo è quella di essere circondati da specialisti di altri settori, opinion leader nelle loro specificità, e ciò ci permette di interagire per il trattamento dei nostri pazienti in maniera significativa sia dal punto di vista clinico che di ricerca. Le malattie croniche intestinali correlano, somigliano, in maniera significativa alle coliti indotte dai farmaci immunoterapici. E la possibilità di attingere all’importante know-how sviluppato dai nostri colleghi gastroenterologi – che rappresentano degli opinion leader a livello mondiale – nel trattamento di queste patologie, ci ha permesso di sviluppare dei percorsi che permettono di prendere in carico il paziente oncologico in trattamento o sperimentale o con farmaci innovativi a 360 gradi e quindi ci ha permesso di mettere a punto interazioni produttive sia dal punto di vista clinico sia di ricerca.
Ma questo stesso risultato e questa stessa interazione possiamo estenderla ad altre specialità, perché grazie proprio all’interazione con i colleghi della reumatologia, della dermatologia, della pneumologia, della cardiologia, noi abbiamo la capacità veramente di sfruttare le loro enormi competenze per gestire situazioni molto critiche di tossicità in pazienti tanto fragili come sono i nostri pazienti oncologici.”
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