Il legame tra MICI/IBD (Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali) e patologie del derma viene studiato da anni e nell’ultimo periodo ha rivelato una serie di aspetti di particolare interesse (il legame tra pelle e microbiota intestinale, ad esempio) in grado di favorire lo sviluppo di adeguate strategie terapeutiche e garantire trattamenti sempre più efficaci e personalizzati. Ne abbiamo parlato con la Prof.ssa Ketty Peris, con la Prof.ssa Clara De Simone e con il Dr. Giacomo Caldarola (tutti e tre attivi nella UOC Dermatologia del Policlinico Gemelli IRCCS). Le interviste integrali sono, come sempre, disponibili sul nostro, seguitissimo, canale YouTube.
“Le diagnosi precoci – afferma la Prof.ssa Peris – rivestono un’importanza sempre maggiore in medicina. In particolare, nel contesto di questa tematica, direi che è fondamentale una diagnosi precoce dermatologica in corso di patologie gastrointestinali infiammatorie, questo per poter affrontare una malattia che sia più facilmente gestibile dal punto di vista terapeutico.
Quindi, arrivare precocemente in questi casi significa, dal punto di vista cutaneo, avere poche lesioni e poter anche utilizzare solo una terapia topica piuttosto che una terapia sistemica, riducendo quindi i potenziali effetti collaterali con un profilo di sicurezza maggiore.”
Per patologie in stadio avanzato, la collaborazione con le altre discipline (che siano gastroenterologia o reumatologia) diventa indispensabile. In questi casi si alza il livello di complessità terapeutica, ma il paziente viene preso in carico sempre con un grande beneficio clinico.”
“Ci sono delle manifestazioni cutanee che possono e devono insospettire per quanto riguarda la diagnosi di IBD più di altre?”
Sì – ci risponde la Prof.ssa Peris nell’intervista – ci sono delle manifestazioni cutanee che sono più frequentemente associate, abbiamo visto, per esempio, il pioderma gangrenoso che è veramente molto tipico, ma ci sono anche altre sindromi infiammatorie, per esempio la sindrome di Sweet, e una varietà di patologie che però sono molto meno frequenti e quindi è estremamente importante in questo caso che il dermatologo venga chiamato in consulenza per poterle ben inquadrare dal punto di vista diagnostico.”
Con la Prof.ssa De Simone affrontiamo il tema delle più frequenti patologie associate, con particolare attenzione per i possibili effetti indesiderati della terapia delle IBD (Inflammatory Bowel Diseases nell’acronimo inglese) sull’epidermide.
“C’è una conferma dell’associazione dell’IBD, o del trattamento delle IBD, con patologie cutanee che possono influire negativamente, chiarisce la Prof.ssa De Simone, sulla qualità di vita del paziente (…) Ci sono numerose manifestazioni cutanee che si possono osservare in corso di IBD con diverse motivazioni, perché in qualche caso si tratta di manifestazioni delle stesse IBD. La stessa malattia di Crohn, ad esempio, può colpire anche la cute. Oppure possono essere associazioni di patologie come, ad esempio, con la psoriasi: è più frequente trovare la psoriasi in pazienti affetti da IBD e viceversa, rispetto alla popolazione generale o addirittura possiamo avere delle manifestazioni di psoriasi che sono indotte dal trattamento. Si tratta quindi di forme paradosse di malattia cutanea perché normalmente quei farmaci utilizzati per curare le IBD spesso sono efficaci anche nella psoriasi …”
“Infine – sottolinea la Prof.ssa De Simone nell’intervista “ci sono delle forme più rare nella popolazione generale, spesso difficili da diagnosticare e da trattare che si riscontrano con maggiore frequenza nei pazienti affetti da IBD (…) a fronte di questo dato di prevalenza dell’associazione di forme cutanee diverse con le IBD, si sottolinea la fondamentale importanza di un approccio integrato e coordinato tra dermatologo e gastroenterologo e con gli altri specialisti, che devono gestire in maniera collegiale, diciamo globale, questi pazienti per un risultato ottimale, al fine del controllo non solo delle malattie intestinali, ma anche delle patologie associate”.
D Per noi “non addetti” risulta difficile capire la relazione tra il problema gastrointestinale e la pelle. Quali meccanismi generano questo tipo di problemi?
“Ancora non abbiamo dei dati precisi, ma c’è il forte sospetto che esista un cosiddetto asse cute-intestino e viceversa per cui modificazioni della barriera a livello intestinale, ad esempio, modificazioni anche del microbiota intestinale possono interferire e favorire la comparsa, magari su un terreno geneticamente predisposto, di malattie della pelle.”
Al Dr. Caldarola abbiamo posto alcune domande a proposito di terapie, ecco una sintesi della sua intervista, che potrete seguire integralmente a questo link
D “Si parla molto di ‘terapie combinate’ ci vuol chiarire cosa sta cambiando in ambito terapeutico?”
“Abbiamo diverse terapie a disposizione per la psoriasi e quindi con l’ampio armamentario terapeutico che abbiamo a disposizione riusciamo a cavarcela nella stragrande maggioranza dei casi – afferma il Dr. Caldarola.
“Per le situazioni in cui sono presenti delle comorbidità, ad esempio l’artrite o possono essere anche le IBD, può essere utile utilizzare in associazione a una terapia biologica per la psoriasi anche un farmaco “tradizionale”.
Utilizziamo prevalentemente il methotrexate con successo, sono rari però ancora i casi invece di combinazione tra farmaci biologici; quindi, associare molecole biologiche con meccanismi di azione differenti, pensiamo a un anti-interleuchina associato a tumor necrosis factor ma, come si è detto nel congresso, cominciano a comparire le prime esperienze in letteratura e sembrano piuttosto promettenti.
Un altro tipo di associazione allo studio è l’associazione tra la terapia biologica e i JAK inibitori (inibitori selettivi e reversibili che agiscono bloccando l’enzima Jak-chinasi NDR), ma in questo caso abbiamo scarsa esperienza perché, comunque, i farmaci sono a disposizione da poco tempo, ma cominciano ad essere registrate le prime esperienze.”
L’interazione tra specialisti, il continuo interscambio di conoscenze e esperienza, si affermano come fattori di successo della cura. Ma solo un Centro di eccellenza come Gemelli è in grado di assicurare, in modo tempestivo ed efficace, un supporto di alto livello ai pazienti. Chiediamo una conferma in questo senso alla Prof.ssa Peris: “Certo, serve sempre una collaborazione ad alta specializzazione come quella di cui siamo dotati al Gemelli, un centro di eccellenza, di riferimento. I cosiddetti centri di riferimento sono importanti proprio perché hanno un expertise e un alto livello di tecnologie, disponibilità di trial clinici, offrendo quindi tutta una serie di valori aggiunti che poi fanno una differenza importante nella gestione del paziente.”