Inaugurazione dell’Anno Accademico 2023-24: “Medicina e Policlinico Gemelli, un presidio per la sanità pubblica”

Il mondo in fiamme, con le tante aree di crisi di una “terza guerra mondiale a pezzi”, ha fatto da sfondo all’inaugurazione dell’anno accademico 2023-2024 nella sede di Roma dell’Università Cattolica con la testimonianza del Cardinale Pierbattista Pizzaballa, Patriarca di Gerusalemme dei Latini. «In questo contesto di grande disorientamento – ha detto il cardinale – ciascuno per la sua parte, è chiamato a essere profeta, cioè a dare coraggio, a costruire prospettive di vita. Laddove tutto sembra rinchiudersi in odio e dolore, ciascuno è chiamato ad aprire orizzonti, e non lasciare credere che non vi sia più spazio a una speranza, che non ci possa essere una luce».

Per questo il Rettore Franco Anelli, nel suo discorso inaugurale, ha ringraziato il Patriarca oltre che per la sua presenza, «ancor più per l’opera che compie ogni giorno con saggezza e sacrificio in Terra Santa», augurandosi che i progetti di solidarietà avviati in quelle aree  attraverso il CESI (Centro di Ateneo per la Solidarietà Internazionale), con il sostegno di Gemelli Medical Center, possano avere nuovo slancio non appena le condizioni lo permetteranno.

Prima di dare la parola al Cardinale Pizzaballa, il professor Anelli ha ripercorso, come «nel racconto di un viaggio, durato oltre 10 anni», il suo rapporto da Rettore con la sede di Roma e con il Policlinico Gemelli, che quest’anno celebra i 60 anni dall’apertura. «Un’esperienza senza precedenti – ha detto – una Facoltà medica di una Università non statale con un connesso Policlinico, chiamati, entrambi, a sostenersi con le solo loro forze».

Dopo aver ricordato che «siamo oggi nella fase di una nuova revisione delle regole di ingresso alle facoltà mediche» e che «la tecnologia non surroga l’uomo, e neppure lo marginalizza» il Rettore ha affermato che «il Policlinico non è stato concepito per essere un luogo di pura ricerca clinica; è un servizio alla collettività, in termini di cura e di formazione dei futuri medici (oltre 50 scuole di specialità). Ed è stata una scelta precisa e forte, quella di operare nel Servizio sanitario nazionale (SSN) e di farlo offrendo con generosità un impegno senza limitazioni».

Alle parole del rettore Anelli ha fatto eco il preside Antonio Gasbarrini. «Il nostro è un Policlinico che grazie al suo imprescindibile legame con la Facoltà di Medicina e chirurgia ha sempre difeso strenuamente i valori del Servizio sanitario nazionale, un pilastro dello Stato di diritto del nostro Paese, per garantire a tutti l’accesso a cure mediche necessarie senza discriminazioni di alcun tipo». Secondo il preside «proteggere il SSN rappresenta un investimento nel futuro della società. Una popolazione sana e ben curata nel corpo e nella psiche è più produttiva, migliora la qualità della vita e contribuisce a una società più equa e solidale». Certo, esiste un tema di sostenibilità del sistema, «ma è nel nostro genoma “accademico” sperimentare modelli organizzativi innovativi», come abbiamo fatto decidendo di «riportare all’interno dell’ospedale tutta l’attività privata dei nostri professionisti, una scelta strategica consapevole fatta per difendere il Servizio sanitario nazionale». Questo approccio «non è solo una questione di giustizia sociale, ma riflette anche l’essenza stessa dell’umanesimo medico, basato sulla compassione, la cura e la solidarietà. È l’incarnazione pratica dei valori evangelici di amore per il prossimo e responsabilità verso i meno fortunati».

Il preside ha poi annunciato le novità che caratterizzeranno il prossimo anno accademico: «Il corso di laurea di Medicina e Chirurgia ad elevato potenziamento tecnologico (Med Tech) realizzato nella sede di Roma in collaborazione con lo straordinario dipartimento di eccellenza di Ingegneria della Università di Roma 3 e quello di Medicine and Surgery che sta per partire nella provincia di Bolzano, che potrà usufruire della bellissima sede della Claudiana a Bolzano e della straordinaria rete assistenziale dell’Alto Adige».

Dalla medicina alla pace in Terra Santa. Il Cardinale Pizzaballa nella sua prolusione si è soffermato sull’impatto che «ha avuto e sta avendo sulla popolazione» il 7 ottobre in Israele, cercando di offrire uno «sguardo diverso, sull’individuazione di alcune possibili vie per superare l’impasse nel quale ci troviamo». Secondo il Patriarca, «la grave crisi in corso ha spazzato via in poco tempo anni di dialogo interreligioso, di faticosa costruzione di relazioni tra le diverse comunità religiose e sociali, e ha anche smantellato l’illusione di facili prospettive di pace».

Ma come uscire da «quest’orribile pantano» da cui pare impossibile venir fuori? Per il Cardinale Pizzaballa, un «grande incoraggiamento» arriva dai «profeti dell’Antico Testamento» o da quella che definisce «dimensione profetica», l’essere cioè capaci di visione, di orientare, di dare uno sguardo il più possibile libero sulla vita, rimanendo sempre ancorati alla Parola di Dio. In concreto essere profeti non significa «essere visionari, ma credenti, cioè avere la fede che si deve fare il possibile per investire nello sviluppo, per sostenere un pensiero positivo e illuminato, per evitare manipolazioni religiose e anzi promuovere un discorso su Dio che apra alla vita e all’incontro».

Serve, pertanto, «un linguaggio non esclusivo, che anche nel più duro dei conflitti e delle contrapposizioni, mantenga comunque saldo e chiaro il senso di umanità». Il vero «antidoto alla violenza e alla disperazione» consiste nel «creare, iniettare, generare speranza» ed «educare alla pace». In tal senso, «la scuola e le università hanno un ruolo chiave: è qui che si deve cominciare a rieducare le persone alla pace e alla non-violenza, cioè a credere, a conoscersi e a stimarsi, e anzitutto a incontrarsi». Non si tratta di favorire «un ecumenismo di facciata o di comodo», ma «di dare forza a quell’ecumenismo vissuto, fatto d’incontri, di collaborazione, di reciproco sostegno e di sofferenza condivisa, cui con tanta convinzione ci invita Papa Francesco».

Il ruolo dell’Università Cattolica e del Policlinico Universitario A. Gemelli Irccs è stato valorizzato dal ministro della Salute Orazio Schillaci e dal presidente della Regione Lazio Francesco Rocca. Quest’ultimo, presente alla cerimonia, ha inviato un messaggio dicendosi orgoglioso del lavoro di Facoltà e Policlinico, «luoghi di straordinaria eccellenza». Nel suo intervento di saluto il ministro Schillaci ha enfatizzato «il contributo fornito dalla sanità privata no profit, che è a tutti gli effetti parte integrante del Servizio Sanitario Nazionale e che con grande agilità organizzativa mette le proprie competenze al servizio dell’interesse pubblico».

La cerimonia inaugurale si è aperta con la Celebrazione Eucaristica presieduta da monsignor Claudio Giuliodori, Assistente ecclesiastico generale dell’Università Cattolica. Il vescovo nell’omelia ha parlato di “vino nuovo in otri nuovi” per sottolineare la necessità di «rilanciare anche nella nostra Università Cattolica un progetto educativo che sia capace di dare, oltre ai contenuti scientifici e professionali, il senso profondo della vita umana fondata sulla solidarietà e aperta ai valori spirituali».

All’evento hanno preso parte diverse autorità istituzionali, tra cui il ministro degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale Antonio Tajani, il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, il Giudice Costituzionale Antonella Sciarrone Alibrandi, il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità Rocco Bellantone, il direttore generale della Programmazione del ministero della Salute Americo Cicchetti.

La cerimonia si è conclusa con la prolusione dal titolo “Prevenzione e stili di vita al femminile; dalla riproduzione alla Medicina di genere”, affidata a Stefania Boccia, ordinario di Igiene generale e applicata, e ad Antonio Lanzone, ordinario di Ginecologia e ostetricia. La prevenzione, dall’adolescenza alla vecchiaia, va perseguita come strumento per migliorare la qualità di vita delle donne, ma anche per rendere il sistema sanitario sostenibile posticipando il bisogno di ricorso alle cure quanto più tardi nell’arco della vita. «Il 55% delle malattie cardiovascolari, che rappresentano la prima causa di morte nelle donne in Italia – ha affermato la professoressa Boccia – sono potenzialmente evitabili agendo su solo 5 fattori di rischio modificabili: fumo, ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia, elevato indice di massa corporea e diabete. Lo stesso dicasi per i tumori, che rappresentano la prima causa di morte prematura nelle donne (il 46% evitabile agendo su fattori di rischio modificabili)». La prevenzione è determinante per ridurre i fattori di rischio legato allo stile di vita per infertilità, come ha spiegato il professor Lanzone: «Alcune disfunzioni riproduttive quali l’amenorrea ipotalamica e la sindrome dell’ovaio policistico sono relazionabili con ambiente ed epigenetica e costituiscono basi significative per la premessa di rischi futuri per la salute in generale».

(Sintesi tratta da Secondo Tempo)

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