Ancora in tempo (fino al 30 ottobre, affrettiamoci!) per visitare la mostra Invisible Body Disabilities® di Chiara De Marchi e patrocinata dall’Associazione AMICI ETS ospitata nella Hall del Policlinico Gemelli.
Di questa iniziativa si è occupata nei giorni scorsi La Repubblica con un ampio articolo, intitolato Mici: una mostra itinerante racconta la vita delle pazienti di cui vi proponiamo alcuni passaggi.
“L’idea iniziale è stata quella di coinvolgere giovani donne colpite da Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali, attraverso l’obiettivo della De Marchi. Settantadue pazienti che si sono fatte fotografare spogliandosi di ogni pregiudizio. Una raccolta di fotografie artistiche in bianco e nero che compongono il libro: “Women Fighters” Linea Edizione, pubblicato nel 2017 con una seconda ristampa nel 2023. ‘Sono donne con lunghe cicatrici e stomie. Donne con segni invisibili nell’anima e nel cuore. Settantadue testimonianze di donne affette da malattie infiammatorie croniche intestinali che esternano il dolore’ racconta Chiara De Marchi”
Della stessa autrice, ci piace riportare alcune parole dalla presentazione dell’evento al Gemelli “…ovviamente la malattia all’inizio mi ha privata di molte cose: avevo 21 anni, e a 21 anni una ragazza dovrebbe uscire a mangiarsi una pizza senza dover pensare “Questa cosa mi farà male” piuttosto che un’altra, fare la sua vita, normalmente come tutti gli altri. Per me non lo è stato, perché la malattia mi ha privato di tantissime cose(…) Poi con il corso del tempo sono riuscita a trovare una terapia che mi ha dato una migliore qualità della vita dove ho iniziato a progettare, a sperare, a pensare finalmente al mio futuro finché mi sono iscritta a corsi di fotografia e grazie alla fotografia ho cercato di liberarmi di quel peso che la malattia mi aveva dato e che mi aveva oppressa. Ho cominciato a pensare ‘Ma se potessi dare la voce anche ad altre persone che vivono la mia stessa condizione?’, magari poter creare qualcosa di grande, una rete, una ‘connessione di vibrazioni positive’ come la chiamo io.”
A questa connessione, che deve comprendere anche le figure che si occupano della cura, si è riferito il Prof. Sergio Alfieri, (Direttore del Dip.to di Scienze mediche e chirurgiche addominali ed endocrino-metaboliche) nella stessa occasione “La manifestazione di queste donne che vogliono dire che la malattia fa parte della nostra vita ( perché è così) è certamente una testimonianza che aiuterà tantissimo. Sono molto orgoglioso di ospitare nel nostro dipartimento questa nità per la cura delle malattie infiammatorie intestinali, dove non c’è solo necessità di un bravo gastroenterologo, di un bravo chirurgo, un bravo nutrizionista, un bravo psicologo. Noi qui abbiamo la fortuna, di questo dobbiamo ringraziare l’istituzione, oltre chi ci ha lavorato, di avere tutte queste figure all’interno di questa struttura e di offrirle al paziente che si avvicina con una malattia in prima battuta o per una second opinion in un percorso che li possa seguire. Perché chi soffre di questa malattia sa che nel corso di questa patologia i diversi specialisti devono per forza colloquiare tra loro…”
Un colloquio di eccezionale importanza per il successo terapeutico, ha sottolineato il Prof. Antonio Gasbarrini (Direttore della UOC di Medicina Interna e Gastroenterologia presso la Fondazione Gemelli IRCCS e Preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia UCSC) citato da La Repubblica “La nostra scuola ha lavorato con un approccio multidisciplinare, oltre a quello farmacologico con farmaci tradizionali e innovativi e si è sempre distinta per l’attenzione alla persona. Quando queste patologie si manifestano in forma grave, chirurghi, endoscopisti, radiologi e altri specialisti devono lavorare di concerto con i gastroenterologi per una presa in carico integrata dei pazienti. Questi aspetti sono cruciali nella gestione delle persone affette da MICI e vanno valorizzati sul piano clinico-assistenziale e organizzativo, sia a livello locale, che nazionale“.
I corpi delle pazienti, raccontati dalle immagini di Chiara De Marchi, sono corpi segnati dalla malattia e dalla sofferenza che porta con sé. Ma non ci sono solo cicatrici visibili “La malattia, eventuali conseguenze di un intervento chirurgico e a volte anche i farmaci – commenta il professor Franco Scaldaferri, direttore della UOS IBD di Fondazione Policlinico Gemelli, citato da La Repubblica – possono frapporsi tra il legittimo desiderio di una donna di diventare mamma e la realizzazione di questo sogno. E questo naturalmente crea un’altra ‘disabilità invisibile’. Ma questo non è sempre il caso. Il nostro ambulatorio delle MICI è particolarmente ‘fertile’ e in questi anni ha assistito alla nascita di tanti bambini, sostenendo i pazienti anche con empatia“.
Condividere, aprirsi alla speranza anche nelle sofferenze, dare fiducia alla cura, non lasciare che la malattia isoli e metta la persona ai margini della propria stessa vita. Va in questo senso il call to action” del Dott. DanieleNapolitano (Care Manager MICI presso il CEMAD, Fondazione Gemelli e componente del Consiglio Nazionale di AMICI Italia) “Le MICI sono una battaglia quotidiana che molti pazienti cercano di combattere da soli. Ma i medici, gli infermieri e tutto il personale del CEMAD e l’associazione pazienti AMICI vogliono essere al loro fianco per aiutarli a combattere insieme. Entrare a far parte di AMICI Italia come paziente, mi ha anche aiutato sul piano professionale ad avere un engagement migliore con i pazienti”.