La collaborazione tra Gastroenterologo e Reumatologo nella gestione del dolore e dell’entero artrite, a volte presenti – e purtroppo invalidanti – nelle Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali (MICI/IBD) è importante e significativa. Ne abbiamo parlato con la Dr.ssa Annunziata Capacci (UOC Reumatologia, Fondazione Gemelli IRCCS) che ringraziamo per la disponibilità.
D “Dottoressa, la reumatologia ha il suo ruolo nelle MICI, quali sono le positività dell’approccio interdisciplinare?
AC “Il reumatologo si colloca all’interno di un percorso multidisciplinare dove è strettamente importante ci sia una stretta collaborazione tra reumatologo e gastroenterologo. Perché? Perché pazienti affetti da malattie croniche intestinali spesso hanno anche forme di entero artriti.
È una manifestazione extra intestinale della malattia che si manifesta proprio a livello dell’apparato muscolo-scheletrico. Ci sono dei campanelli di allarme che devono portare il gastroenterologo a interpellare quanto prima il reumatologo, in primo luogo il dolore. In una eventuale entero artrite è un dolore di tipo infiammatorio, con caratteristiche diverse rispetto ad altre forme che possono invece presentarsi: di tipo meccanico o neuropatico.”
D Perché è importante capire quando il paziente ha una entero artrite associata?
AC “Perché questo può anche cambiare l’approccio terapeutico e indirizzare ad una scelta condivisa dei farmaci. Abbiamo delle terapie che vanno bene sia per la parte intestinale sia per la parte articolare. Oppure, talvolta, ci possiamo trovare di fronte anche a delle forme di artriti paradosse, vale a dire come se fossero un effetto collaterale della patologia che vengono appunto scatenati dalla terapia intatto. Non vengono determinate tanto dalla patologia quanto dal trattamento, e questo è fondamentale per poi indirizzare una terapia meglio mirata.
Inoltre, il paziente affetto da malattie croniche, spesso presenta anche altre comorbidità quali ansia e depressione, e a volte può presentare un dolore muscolo-scheletrico che è diverso da quello che ho definito prima, quindi non di tipo infiammatorio ma di tipo associato ad un’altra patologia che è la fibromialgia.
Più del 20% dei pazienti affetti da una MICI può soffrire anche di questa comorbidità associata. Già da alcuni anni al CEMAD c’è un controllo periodico reumatologico settimanale, che valuta i pazienti che presentano i campanelli di allarme del dolore, per capire, in base anche all’esame obiettivo e all’attenta anamnesi, in quale scenario ci troviamo.”
Vogliamo concludere questa carrellata sulla interazione interdisciplinare delle competenze e delle specialità su cui CEMAD fonda tanta parte della cura, tornando alla terapia chirurgica delle MICI/IBD. Lo facciamo con la Dr.ssa Paola Caprino (Dir.te UOC Chirurgia Addominale, Fondazione Agostino Gemelli IRCCS).
D “La chirurgia come momento condiviso della scelta terapeutica. Quali sono gli interventi più frequenti?
PC “All’interno del CEMAD la collaborazione con i gastroenterologi è sempre più costante, sempre più frequente. Valutiamo insieme i pazienti per approcciare al meglio un eventuale intervento chirurgico. In passato, l’intervento chirurgico veniva visto come un momento di fallimento delle terapie mediche che erano state fino a quel punto intraprese per i pazienti. Oggi la visione è diversa: l’approccio, in alcuni casi, è addirittura prioritario rispetto a delle scelte terapeutiche mediche.
Quindi la chirurgia deve essere inquadrata come un momento della scelta terapeutica del paziente e quindi non come un fallimento ma come una scelta razionale, condivisa. Per cui l’approccio chirurgico/medico dev’essere sempre più integrato, sempre più finalizzato al ‘best treatment’ e personalizzato a quelle che sono le esigenze del paziente. E questo si può fare in un grande Centro come il nostro in cui la multidisciplinarietà è alla base del trattamento dei pazienti che sono cronici e quindi hanno bisogno del nostro supporto in tutti i diversi momenti della loro storia.”
D “Dal punto di vista specifico qual è il tipo di intervento più frequente o tra i più frequenti per quanto riguarda le malattie infiammatorie?”
PC “Per quanto riguarda la Malattia di Crohn possiamo andare incontro alla progressiva stenosi dei tratti malati coinvolti dalla malattia infiammatoria: l’intervento più frequente è la resezione del tratto stenotico o fistolizzato, perché dobbiamo garantire una normale canalizzazione dell’intestino in modo tale che il paziente non abbia dolori, non abbia difficoltà ad alimentarsi.
In caso contrario si può presentare un quadro di malnutrizione e malessere del paziente che, cronicamente, lo porta a peggiorare e avere una pessima qualità di vita. Quindi intervenire sulla zona stenotizzata, fistolizzata, che può essere causa di ascessi. Si sceglie insieme al gastroenterologo qual è il momento migliore, si fa l’intervento e poi si riaffida il paziente alla terapia medica.
Nel caso delle rettocoliti ulcerose, quando c’è un fallimento della terapia medica, non si ha più possibilità di mantenere una qualità di vita accettabile e si è già di fronte ad una trasformazione in senso neoplastico della mucosa dell’intestino colico, quando c’è ormai una steroido-dipendenza, o in condizioni ancora peggiori, acute, è necessario procedere all’esportazione del viscere malato.
Nel caso della colite ulcerosa, l’organo bersaglio è il colon. Quindi il nostro obiettivo è rimuovere per intero l’organo malato, e ricostruire – anche con tempi successivi, con procedure chirurgiche in più passaggi – la continuità intestinale, confezionando quella che viene chiamata pouch che è una reservoir collegata all’ano. Questa consente di avere una canalizzazione naturale senza l’ausilio di stomie o di ani artificiali. Il timing delle procedure chirurgiche è molto specialistico e va sempre discusso insieme al paziente, per effettuare scelte concordi lungo tutto il percorso.”