Anche quest’anno Fortune Italia ha segnalato 40 profili di giovani under 40. Sono giovani che “stanno cambiando il Paese” e sono manager, ricercatori, content creator, sportivi. Ognuno si è distinto per la volontà di innovare il proprio settore di attività e rappresentano quei giovani (tanti!) che si impegnano concretamente, arrivando ad avere un impatto positivo sulla società, come leggiamo nella presentazione dell’iniziativa.
Tra loro, nel 2023, Medicina e Salute hanno avuto una significativa rappresentanza e siamo felici e orgogliosi di trovare al suo interno la Dr.ssa Francesca Romana Ponziani (Liver Unit, CEMAD, Fondazione Gemelli IRCCS).
Di lei ha già tracciato un bel ritratto Gemelli News qualche giorno fa. Eccone i tratti salienti “specializzata in Medicina Interna presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, campus di Roma, ha 39 anni ma è già componente di numerose società scientifiche e fa parte della faculty dell’International Liver Congress dell’Easl. Ha firmato oltre 160 pubblicazioni ed ha un H index di 35. Nel 2019 ha ricevuto il premio ‘best paper’ dall’Associazione Italiana per lo Studio del Fegato. I suoi cavalli di battaglia di ricerca sono il carcinoma epatocellulare e le malattie del fegato in generale, oltre all’asse intestino-fegato e al microbiota intestinale. Lavora attualmente come ricercatrice presso il Centro per le Malattie dell’Apparato Digerente (CEMAD) della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCSS.”
Oggi l’abbiamo incontrata, chiedendole di parlarci di tre aspetti fondamentali della sua attività scientifica: la ricerca, l’innovazione e il gruppo di lavoro.
D “Complimenti per la menzione su Fortune, bello trovarla in una short list dove la medicina ha uno spazio di rilievo, cominciamo parlando di ricerca?”
FRP “Direi che è opportuno partire da un’osservazione: la Medicina si colloca in quella lista tra tantissime altre discipline. Allo stesso modo potremmo dire che la ricerca si dirama in tantissimi ambiti, è il ‘primum movens’ di quello che poi, in un futuro, la popolazione (intesa sia come persone che godono di servizi ma anche di pazienti) poi vedrà essere applicato ai loro problemi, al miglioramento della loro qualità di vita.
Sicuramente c’è la ricerca di sistema, cioè una ricerca che viene fatta a livelli più generali, diciamo così. In Medicina, per esempio, questa è la ricerca che si applica ai grandi trial clinici, grandi studi che sono quelli alla base dei quali c’è la scoperta di un nuovo farmaco, con un’organizzazione e un sistema molto complessi.
Noi siamo anche parte di questo, perché tutti noi che lavoriamo in ospedale ne facciamo parte. Ma poi c’è la ricerca in cui siamo più noi individualmente i protagonisti, perché l’idea parte dal singolo ricercatore, dal gruppo di ricerca, e portiamo avanti la nostra idea, cercando di dimostrarla alla luce delle nostre intuizioni.
Diciamo che queste due cose vanno insieme: mentre nella prima siamo sicuramente dei giocatori, usando una metafora sportiva, di un campionato giocato con tante grandi squadre, nella seconda siamo più una squadra di quartiere ma non è detto che non si finisca in Champion League: anche questo può succedere!
Questi due ambiti possono andare a unirsi, a concertarsi: anche dalle piccole intuizioni sono nate tantissime scoperte e comunque hanno dato la base per sviluppare farmaci, interventi e procedure per potere poi cambiare in meglio la vita delle persone. Il fine ultimo è migliorare la vita di noi tutti.”
D “Parliamo ora di un tema strettamente collegato, l’innovazione.”
FRM “Parlare di innovazione oggi nel 2023 è difficile: siamo in un’epoca in cui abbiamo conoscenze e tecnologie eccezionali e siamo molto avanti rispetto ai nostri predecessori che scoprivano cose importantissime che per noi oggi sono acquisite.
Diciamo che l’innovazione oggi si estrinseca in tanti modi: l’innovazione non solo può essere rappresentata da un nuovo farmaco ma può esprimersi in un nuovo approccio al paziente, in una metodologia originale per gestire una patologia o in percorsi di innovazione che coinvolgono il paziente come persona.
La ricerca si sta spostando anche su ambiti molto traslazionali, che coinvolgono ancor più la persona nel suo insieme. Oggi abbiamo il dovere di integrare ciò che con la ricerca riusciamo a scoprire, a dimostrare, a migliorare, con le esigenze umane. Emotive, personali ma anche familiari del paziente.
Questa credo sia l’innovazione più grande che stiamo affrontando in questi anni. È l’approccio che è cambiato nella ricerca stessa, ma è cambiato anche il modo di applicarla con il paziente.
Di conseguenza ritengo che l’innovazione risieda nel coinvolgere sempre di più i pazienti in quello che facciamo. Ormai costantemente quando facciamo ricerca, in valutazioni importanti come le linee guida, vengono coinvolti i pazienti.
E questo è un lato innovativo ma che poi innovativo non è: è qualcosa che avrebbe dovuto essere quasi elementare e che solo oggi si è molto affermata.
La spinta all’innovazione è quello che ci stimola tutti i giorni. Personalmente ho la fortuna di lavorare in un Policlinico Universitario, una struttura di terzo livello che permette a persone come me e a tanti miei colleghi di potersi migliorare e poter migliorare le cose. L’innovazione viaggia su tanti binari, sulla volontà, sulla collaborazione, ma naturalmente servono gli strumenti.”
D “E qui entriamo nel terzo punto: il gruppo di lavoro. Ce ne vuol parlare?”
FRP Il gruppo è rappresentato sia da me sia da tutti quelli che lavorano con me ogni giorno. E con i quali condivido la passione, le idee, la voglia di mettere in pratica il cambiamento. Ma il gruppo è rappresentato anche dalle persone che abbiamo alle nostre spalle, esercitando un vero e proprio sostegno.
Tornando alla metafora sportiva, c’è un allenatore, c’è qualcuno che ti dà le basi, ti sprona, soprattutto inizialmente, fino a che non cominci a camminare con le tue gambe. Senza dimenticare i tuoi punti di riferimento, le persone che ti consentono di essere quello che sarai un giorno, nel futuro.
Il gruppo è stratificato a tanti livelli, ma non sono livelli verticali: sono livelli tutti tra loro integrati e senza integrazione non si raggiungono risultati. La verità è che non c’è nessun ricercatore che può lavorare da solo, il gruppo è indispensabile, è alla base di tutto quello che abbiamo descritto parlando di ricerca e innovazione.”
D “Una domanda “fuori tema” prima di concludere: come sta il nostro fegato, come va la salute epatologica in Italia?”
“Più che del fegato degli italiani dobbiamo parlare del fegato di noi occidentali. Siamo proiettati verso l’eliminazione delle epatiti virali nel 2030, un obiettivo che ci ha dato l’OMS, e siamo una popolazione che vive in un sostanziale benessere. Siamo in grado di curare benissimo, ad esempio, alcune infezioni virali, come l’Epatite C che è stata uno spauracchio per tantissimi anni.
Oggi, come medici, ci troviamo davanti a tantissime persone che arrivano sovrappeso, con obesità, malattie metaboliche. Persone che trascurano anche le più semplici regole di benessere nel loro stile di vita e sviluppano delle malattie del fegato, spesso silenti.
Sappiamo infatti che il fegato non dà molti sintomi e le persone arrivano in condizioni già avanzate a farsi valutare.
Un altro aspetto inquietante è il crescente consumo di alcolici tra i giovani, destinato a creare problemi nella vita adulta o anche prima, perché questi ragazzi cominciano precocemente ad avere problemi della sfera epatica.
Diciamo che noi italiani saremmo anche, tra gli occidentali, quelli maggiormente protetti grazie alla dieta mediterranea ma la sedentarietà e la vita stressante cui ci sottoponiamo non risparmiano neanche noi. Fortunatamente ci sono moltissime campagne di prevenzione, come quella che il Ministero della Salute ha promosso per l’Epatite C. Ci vorrebbe, ci vuole, tantissima informazione in più per poter divulgare tante nozioni, anche semplici, che servirebbero a evitare tante conseguenze, anche gravi, alle persone.