Dal 2020, è stata istituita all’interno della Fondazione Gemelli la Biobanca di ricerca per la Medicina Personalizzata (Biobanca-FPG), centralizzata all’interno del parco scientifico e tecnologico della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS. La finalità è contribuire a sostenere oltre alla ricerca di base, preclinica e di traslazionale, anche indagini epidemiologiche supportare – grazie a una adeguata raccolta dei campioni – la sperimentazione clinica.”
Ne parliamo, a qualche anno dall’inizio di questa esperienza, con la Prof.ssa Ornella Parolini (Responsabile Biobanca per la Medicina Personalizzata Fondazione Gemelli IRCCS) cui abbiamo chiesto di guidarci all’interno di un progetto tanto rilevante e innovativo.
“Professoressa, grazie innanzitutto per la disponibilità. Biobanca: che cos’è e perché è importante per le nuove frontiere di cura?”
“La biobanca è un’unità di servizio all’interno di un’istituzione, normalmente di un’istituzione ospedaliera quale appunto la biobanca all’interno della Fondazione Gemelli, che permette di fare la raccolta e la processazione di un campione biologico e la sua conservazione. Vediamo di spiegare: il paziente, dopo aver dato consenso informato che il campione biologico possa essere raccolto e conservato in una biobanca, autorizza che il clinico in ospedale raccolga una biopsia ad esempio (ma il campione biologico è il sangue periferico, la raccolta delle feci, la raccolta delle urine e tutto ciò per cui il paziente dà il consenso informato alla raccolta) che sarà conservata nella biobanca per progetti di ricerca.
Perché è importante una biobanca? La biobanca fa da garante tra il paziente e il ricercatore che poi utilizzerà questo campione, perché potrà mettere a disposizione il campione biologico del paziente solo dopo che arriverà un consenso da parte del comitato etico per la realizzazione di quel progetto specifico.
In questo modo si garantisce proprio la qualità del campione stesso e la qualità e della ricerca che poi verrà svolta su questo campione biologico.”
“Possiamo quindi affermare che la Biobanca ci permetterà curarci meglio?”
“Si, certamente, proprio perché avere a disposizione un campione biologico che è stato trattato secondo i più alti standard di qualità permette a questo punto di andare a fare gli studi più appropriati.
La qualità di un risultato è possibile solo partendo da una buona qualità di un campione biologico. Inoltre, questi campioni biologici permettono di andare a fare studi durante un follow-up, per cui i campioni conservati permettono di fare non soltanto uno studio temporaneo ma seguire un paziente durante gli anni, proprio perché questi campioni biologici vengono trattenuti.”
L’importanza dei dati per la ricerca scientifica è confermata dalla Prof.ssa Lorenza Putignani (Direttore UOS Microbiomica, Osp. Bambin Gesù, Roma), cui abbiamo chiesto di aiutarci a comprendere il ruolo delle scienze cosiddette omiche, ecco il suo contributo.
“Si parla molto oggi di scienze omiche. Per un pubblico laico, come viene definito, di che cosa in effetti si parla quando si accenna a scienze omiche?”
“È un nuovo strumento di medicina traslazionale, di medicina personalizzata piuttosto avanzato. Che cosa vuol dire? Vuol dire usare dei dati multidimensionali, cioè che derivano da approcci molto complessi per la caratterizzazione in sequenziamento in scienza proteomica, di scienza metabolomica, di grandi dataset di dati che sono generati attraverso queste piattaforme tecnologiche che generano i cosiddetti big data.
Questi big data vengono poi analizzati, modificati, si dice che vengono armonizzati tra di loro e poi integrati e ci servono proprio come strumento per la caratterizzazione del fenotipo delle malattie. Sono molto note le scienze omiche che sono partite con le scienze oncologiche nelle loro applicazioni in medicina. Stanno traslandosi in modo molto importante in gastroenterologia anche nell’approccio alla comprensione delle malattie infiammatorie intestinali e chiaramente sono state prese a prestito per studiare e caratterizzare il microbioma, tanto che adesso si parla di una disciplina a sé stante che è la microbiomica
Con gli stessi approcci questa disciplina tende a produrre i grandi dati, big data appunto, relativi ai microbioma umani e a trasformarli e trasferirli in utili strumenti per la diagnostica e per la clinica applicata.”
Vogliamo essere ancora più pratici e parlare di quelle che sono le ricadute positive sui pazienti?
“Allora una delle applicazioni di queste omiche è proprio, tra le altre, l’applicazione della microbiomica. Possiamo scrivere degli algoritmi operazionali di trattamento clinico in cui inserire anche le conoscenze omiche che vengono dal microbioma, esemplificate in algoritmi dedicati inseriti in processi sia di predizione sia di trattamento della malattia, secondo dei quadri inseriti in modelli di intelligenza artificiale. In questo modo possiamo studiare sistemi che sono di supporto alla decisione clinica, all’atto clinico. C’è anche un continuum tra lo spettro pediatrico e lo spettro dell’adulto: alcune patologie croniche importanti dell’adulto, come le Malattie Infiammatorie Intestinali (MICI), in realtà si può cominciare a studiarle, e quindi a prevenirne le forme più importanti, già nella prima età.”
“In chiave pratica: ci sono dei sintomi o delle condizioni che devono consigliare a mamme e papà di approfondire determinate condizioni dei loro bambini?”
“Certo, ci sono delle sintomatologie del distretto gastrointestinale ma anche al distretto extra gastrointestinale, per cui adesso si parla di medicina olistica proprio perché tutta una serie di sintomatologie che sono, sì, specifiche, possono avere dei tratti generali vanno discussi in prima battuta con il clinico di riferimento, quindi portati in team specialistici multidisciplinari che ne sapranno dare una lettura anche in termini di caratterizzazione omica.”