Telemedicina e patologie croniche: cosa cambia (in meglio) per i pazienti?

La telemedicina ha avuto grandi evoluzioni negli ultimi anni: l’epidemia COVID 19 ha certamente dato maggiore visibilità a tutto ciò che passa comunemente come “consulto a distanza”. Abbiamo chiesto di offrirci una istantanea sullo state of art di questo fondamentale settore delle tecnologie applicate alla salute al Prof. Alfredo Papa (Resp.le UOSD Medicina Interna e Malattie App.to Digerente, CEMAD) e al Dott. Gabriele Rumi (Allergologia e Immunologia Clinica, Gemelli IRCCS).

“Professor Papa, grazie per rispondere a qualche domanda. Oggi si parla molto di telemedicina e di soluzioni innovative dal punto di vista della tecnologico in Medicina, dell’E-HEALTH. Il paziente come si rapporta con questi mutamenti?”

“I pazienti che hanno, ad esempio, Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali (MICI) sono un target perfetto per attuare la telemedicina, perché si tratta di una patologia cronica che colpisce in genere individui che sono in piena età lavorativa e riproduttiva e quindi è estremamente importante cercare di avvicinarsi a loro e favorirli, anche in quelle che sono i loro controlli, le loro visite.

In questo senso la telemedicina, con la grossa spinta che ha dato la pandemia, è sicuramente uno strumento utilissimo. Abbiamo misurato il gradimento da parte dei pazienti in uno studio recentissimo che abbiamo condotto insieme al centro ‘Casa Sollievo della Sofferenza’ di San Giovanni Rotondo in cui i tre quarti dei pazienti intervistati si dimostravano molto interessati e favorevoli a utilizzare le metodiche di telemedicina.

Da questo studio è emerso anche che i pazienti vorrebbero anche avere dei contatti con un team multidisciplinare che non comprenda soltanto il gastroenterologo ma anche, ad esempio, il nutrizionista o lo psicologo.

Professore, perché questo studio è stato condotto nel vostro Centro e a San Giovanni Rotondo?

“Perché oltre un terzo dei pazienti che afferiscono al CEMAD sono pazienti che vengono da fuori provincia o addirittura da fuori regione. E quindi in questo senso la telemedicina è uno strumento di grande ausilio.

La telemedicina riesce ad affrontare in positivo quella sensazione di molti pazienti, non parlo solo di IBD, di avere una certa lontananza con il medico curante? Sappiamo come è importante l’elemento psicologico, non soltanto quello tecnico-operativo…

“Assolutamente. Tant’è vero che quando ai pazienti è stato chiesto se le visite in telemedicina avessero lo stesso valore delle visite in presenza, abbiamo riscontrato che era espressa – da parte dei pazienti in telemedicina – la volontà di avere un maggior numero di contatti con il medico.

Quindi la telemedicina può essere un valido ausilio, chiaramente in determinate situazioni di stabilità clinica e terapeutica dei pazienti, che ci chiedono magari di utilizzare un intervallo tra le visite che possa essere ridotto rispetto a quello che sono le visite in presenza, che rimangono chiaramente uno strumento indispensabile .”

Proprio su quest’ultimo aspetto abbiamo chiesto un approfondimento al Dott. Rumi (l’intervista integrale è disponibile sul nostro canale YouTube) che ci chiarisce qual è l’applicazione pratica di questa metodologia “a distanza”

Il percorso si articola con delle visite che vengono fatte con delle piattaforme audio e video, il paziente manda gli esami clinici prescritti o magari di suo interesse precedentemente a un indirizzo mail condiviso da tutti i colleghi che insieme lavorano su questo servizio. Viene pianificata – a seconda dell’urgenza e dei relativi tempi di contatto con il Centro – la possibilità di avere trenta minuti a disposizione per confrontarsi con il medico.

Tramite questo colloquio è possibile poi procedere alla prescrizione sia di esami specialistici sia di terapie. Il punto di forza che abbiamo in mente di potenziare nel prossimo futuro è anche quello dell’aderenza terapeutica: vogliamo verificare quanto questa implementazione tecnologica migliori e faciliti l’aderenza alle terapie croniche dei nostri pazienti.


Dal punto di vista della tecnologia, che cosa si muove in questi ultimissimi tempi e quali sono i goals che aspettate per il prossimo futuro?

“C’è un recentissimo studio pubblicato dal nostro gruppo, sempre in telemedicina, su un’altra area molto importante: quella delle malattie croniche respiratorie, dove con una strumentazione tramite bluetooth con cui monitoravamo il paziente siamo riusciti ad andare a cadenzare addirittura giornalmente i comportamenti dei nostri pazienti. Questo è molto importante prima di tutto per avere un’idea non solo nel momento della visita de visu di come si comporta il paziente, qual è il suo atteggiamento nei confronti del trattamento delle patologie croniche, ma anche per avere un monitoraggio giorno per giorno, ora dopo ora, di quello che succede nella vita del paziente proprio per migliorare poi la qualità degli standard assistenziali a cui noi puntiamo (…) vogliamo andare a capire quali sono gli atteggiamenti dei pazienti nei confronti delle terapie infusionali, delle terapie orali, delle terapie sottocutanee ma, soprattutto, di tutto il resto del corteo della parte di farmaci e di integratori a cui i nostri pazienti vengono sottoposti, in particolare nell’area delle IBD.

Torniamo al Prof. Papa: “Professore, in chiusura di un argomento così appassionante: qual è la situazione italiana, rispetto al resto del mondo, in questo campo?”

“In campo di telemedicina abbiamo accumulato un certo gap rispetto ad altri paesi europei quali l’Olanda o agli Stati Uniti. Ci auguriamo che tra i pochi effetti positivi della pandemia ci possa essere quello di cercare di colmare questo gap e, infatti, ad esempio nel nostro centro, al CEMAD, già da diversi mesi è stata ed è in fase incrementale l’utilizzo della telemedicina. Certo, c’è ancora molto da fare perché, per esempio, all’estero è presente anche un monitoraggio a distanza della calprotectina (che in Italia non viene al momento utilizzato) con degli strumenti e dei software dedicati che potrebbero essere di aiuto e offrendo al paziente la sensazione di essere ancor più monitorizzato, anche se a distanza.

 

 

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