Con il termine ricerca vengono comunemente indicate – in modo generale – le attività scientifiche, di studio e sperimentali, mirate allo sviluppo e al miglioramento delle conoscenze (e delle pratiche) in Medicina. Oggi, anche al cosiddetto “grande pubblico”, arrivano informazioni su come procede la ricerca di sempre più efficaci e sicure terapie, ma risulta invece complesso dare un significato a quella che definiamo “ricerca di base”.
Ci aiuta a fare chiarezza su questo tema il Prof. Alessandro Sgambato (Ordinario di Patologia Generale, Vice Preside Facoltà di Medicina, UCSC Roma) che ringraziamo per l’intervista, pubblicata sul nostro sempre seguitissimo canale YouTube. Eccone una sintesi.
D. “Ricerca di base, di che cosa parliamo oggi nel terzo millennio quando usiamo questa definizione?”
Prof. A. Sgambato “Quando parliamo di ricerca di base ci riferiamo all’attività di ricerca che svolge fondamentalmente il laboratorio.
La ricerca viene distinta in ricerca clinica, ricerca preclinica, poi si fa spesso riferimento alla ricerca cosiddetta traslazionale, poi c’è la ricerca di base.
In realtà forse il termine più appropriato sarebbe quello di ricerca traslazionale, cioè una ricerca che si pone a ponte tra la ricerca clinica e la ricerca di base in senso stretto.
Perché la ricerca di base è quella che si svolge in laboratorio e quella che ci immaginiamo venga volta su modelli sperimentali, che sono o modelli sperimentali animali oppure le culture cellulari.
Quando parliamo di ricerca traslazionale diamo un valore in più a questa ricerca di base. Perché mentre la ricerca a volte può anche rispondere a dei quesiti che sono fisicamente scientifici, rispondono alla semplice curiosità del ricercatore che non ha un immediato interesse all’applicazione clinica di questa scoperta. Invece, la ricerca traslazionale è una metodologia che si avvale della ricerca di base quindi della ricerca sperimentale svolta in laboratorio ma che risponde ad un quesito clinico e che quindi fa da ponte, come si dice, fra il bancone e il letto del paziente.
Quindi la domanda che motiva l’attività di ricerca non è la semplice curiosità del ricercatore ma è magari un’esigenza che il clinico pone al ricercatore e che il ricercatore si impegna a risolvere in qualche modo.
Ed è fondamentale questo tipo di ricerca perché oggi si parla tanto di innovazione, si parla di nuovi farmaci, si parla di conoscenza migliorata della malattia, tutto questo avviene soltanto grazie alla ricerca sperimentale che si svolge in laboratorio, in cui naturalmente gli input dei clinici sono fondamentali perché sono quelli che poi indirizzano la ricerca (…)
Prima la terapia era molto su base empirica, perché non si conoscevano le basi patogenetiche di queste malattie, oggi la terapia è ‘su misura’ per le esigenze del paziente proprio perché la ricerca di base ci ha permesso di chiarire i meccanismi e di andarli a valutarli dei singoli pazienti.”
D. “E dove evidentemente l’identificazione a livello di concetto e poi lo studio, l’approfondimento, del microbiota sta dando degli apporti fondamentali…”
AS “Il microbiota è diventato fondamentale devo dire non soltanto nelle malattie infiammatorie croniche intestinali ma più in generale in tutto quello che è lo stadio di benessere o di malessere del nostro organismo.
Quando pensiamo al microbiota, pensiamo al microbiota intestinale. In realtà i microorganismi colonizzano tutte quante le diverse sedi del nostro organismo e svolgono un ruolo importante anche in altre patologie, anche a quelle a cui non penseremmo, per esempio le malattie del sistema nervoso, hanno un ruolo importante nelle patologie neoplastiche. Dobbiamo pensare non soltanto al microbiota intestinale ma anche al microbiota che per esempio è presente a livello della ghiandola mammaria, e svolge un ruolo nell’insorgenza del tumore mammario e così via.”