L’integrazione delle conoscenze e delle esperienze è sempre più riconosciuta come uno dei fattori chiave per il successo della cura. Questo il tema al centro delle nostre interviste esclusive con la Dr.ssa Laura Maria Minordi (Radiologa Fondazione Gemelli IRCCS) e con la Dr.ssa Silvia Pecere (Endoscopia Digestiva Chirurgica, CEMAD Gemelli IRCCS) in occasione dell’evento ECM “Updates sulle Malattie Infiammatorie Intestinali “.
Che ruolo gioca la parte radiologica nella diagnosi e anche evidentemente nel follow-up delle Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali (MICI)?
“Un ruolo fondamentale - è l’esordio della Dr.ssa Minordi – questo perché nell’ambito di una valutazione multidisciplinare del paziente con Malattia Infiammatoria Cronica Intestinale, in particolare per i pazienti con Malattia di Crohn, è necessario integrare più ambiti per una corretta diagnosi e valutazione del paziente. Quindi abbiamo l’ambito clinico, l’ambito endoscopico e l’ambito radiologico. La radiologia ha fatto dei passi molto ampi negli ultimi tempi per quanto riguarda la tecnologia e grazie alla migliore funzionalità della tecnologia, all’incremento delle metodiche, della qualità diagnostica, siamo riusciti a raggiungere dei livelli molto elevati, sia per quanto riguarda la diagnosi sia per quanto riguarda in generale la valutazione del paziente, in corso di terapia o dopo l’intervento chirurgico.
Di tecniche endoscopiche e dei loro sviluppi ci parla la Dr.ssa Pecere: “Mi occupo nello specifico del trattamento endoscopico delle cellule precancerose nei pazienti con MICI. Ci confrontiamo quotidianamente con questo tipo di pazienti con malattie croniche che purtroppo durano da tanti anni e che hanno anche, a seconda dei criteri, la possibilità di sviluppare il cancro del colon. L’obiettivo dell’endoscopia è quello di individuare negli stadi più precoci, queste lesioni che noi chiamiamo precancerose per poterle asportare per via endoscopica con tecniche che negli anni sono diventate sempre più innovative e performanti.
Da piccoli polipi, piccole lesioni di due centimetri, oggi siamo in grado di asportare veri e propri tumori di dimensioni superiori che non abbiano ovviamente caratteristiche di invasività ma che possano essere resecati per via endoscopica, curando il paziente, cambiando la storia della sua malattia. Tutto nell’ottica anche di un risparmio d’organo che per questi pazienti diventa fondamentale visto che appunto la chirurgia è spesso, purtroppo, demolitiva”.
D: “A questo proposito, quanto è importante sottolineare che il precoce ricorso a un centro organizzato, strutturato è assolutamente necessario?
“Questo in realtà è fondamentale – è la conferma della Dr.ssa Minordi – più che importante. Nel nostro Centro c’è la possibilità di avere diverse figure che possono valutare il paziente con malattia di Crohn o, in generale, il paziente con malattia infiammatoria cronica intestinale, includendo ovviamente la rettocolite ulcerosa.
Qui vi è l’endoscopista, il chirurgo, il nutrizionista, lo psicologo, il clinico, ovviamente, il radiologo, da me rappresentato, ma vi è anche tutto un team di personale paramedico specializzato. Altre figure importanti sono i biologi: quindi per un paziente con una malattia infiammatoria intestinale, fare riferimento al Centro lo faciliterà, avrà a disposizione tutte le figure necessarie e saranno poi i coordinatori stessi del centro a indirizzare, a organizzare, le varie visite e le varie valutazioni nell’ambito del tempo necessario per avere una valutazione completa.”
D: La malattia infiammatoria si è mostrata negli anni prodromica di lesioni oncologiche?
“Purtroppo questi pazienti hanno alla base del meccanismo di queste malattie un’infiammazione cronica, e l’infiammazione cronica di per sé è un fattore predisponente a tutte quelle alterazioni cellulari che negli anni possono portare all’insorgenza di cancro del colon – ci conferma la Dr.ssa Pecere – è un rischio che noi chiamiamo cumulativo cioè man mano che si va avanti con la durata della malattia questo rischio può aumentare.
Per di più facendo terapie immunosoppressive e in associazioni ad altri fattori di rischio, questa può essere una possibile condizione che si può verificare in questi pazienti. Per cui la sorveglianza endoscopica che normalmente questi pazienti eseguono e a cui sono abituati (quindi, le colonscopie che loro fanno in stato di diagnosi o in stato di monitoraggio) diventa fondamentale perché con la cromo endoscopia e con la strumentazione ad alta definizione di cui disponiamo possiamo individuare presto tutte quelle lesioni suscettibili di trattamento endoscopico, evitando che nel tempo evolva nel cancro”.