Un’indagine nazionale italiana, realizzata dal gruppo di ricerca UCSC Gemelli, evidenzia la necessità che i pazienti IBD – ovvero affetti da malattie infiammatorie croniche intestinali – sottoposti a endoscopia, abbiano a disposizione personale infermieristico specializzato e formato (qui la news).
Abbiamo intervistato il dr. Daniele Napolitano, Infermiere IBD CEMAD e autore della ricerca, per capire com’è nata l’esigenza di questa indagine, come è stata svolta e quali sono stati i risultati. Nella seconda parte dell’intervista approfondiremo le necessità dei pazienti IBD cui un’adeguata formazione del personale infermieristico può rispondere, e il percorso d’eccellenza che questi pazienti hanno a disposizione all’interno del CEMAD.
Dottor Napolitano, ci può illustrare la ricerca?
I pazienti affetti da malattie infiammatorie croniche intestinali (IBD/MICI) sono frequentemente sottoposti, nel loro percorso diagnostico/terapeutico, a procedure endoscopiche, quali: colonscopie, gastroscopie, video-capsula, enteroscopia. Ogni procedura, complessa o meno che sia, rappresenta per il paziente un momento di stress, fisico e mentale. Ogni momento, all’interno del percorso nel Servizio di Endoscopia, necessità di approcci competenti e professionali da parte del personale: dalla preparazione intestinale fino ad arrivare alla consegna del referto.
La nostra indagine ha voluto approfondire quanto gli infermieri all’interno delle endoscopie italiane fossero a conoscenza dei percorsi legati alla diagnostica, agli approcci terapeutici, alla prognosi e riguardo alle complicanze a cui i pazienti con IBD possono andare incontro. Per fare ciò abbiamo creato un questionario di 45 domande, diviso in 6 sezioni, che è stato validato dagli esperti delle maggiori società scientifiche italiane (IgIbd, Anote Anigea e Aggei Italia). Un punteggio di 2 è stato arbitrariamente assegnato a ciascuna risposta corretta e a punteggio di 0 a quelli errati. I punteggi sono stati stratificati in tre livelli di conoscenza globale (0-20 livello basso; 22-30 livello intermedio; e 32-44 di alto livello).
Inoltre, abbiamo indagato quale fosse l’approccio che viene riservato a questi pazienti da parte del personale infermieristico, la presenza di percorsi dedicati e di protocolli di grado di uniformare i comportamenti. Abbiamo chiesto infine se dei corsi di aggiornamento per il personale fossero necessari per aumentare le conoscenze degli operatori stessi.
Abbiamo indagato 335 infermieri di endoscopia su tutto il territorio che al termine dell’indagine hanno dimostrato avere un livello medio di conoscenza pari a 29 ± 12, corrispondente a un livello MEDIO di conoscenza. In totale 183 infermieri (54,6%) hanno riportato un punteggio elevato, 113 (33,7%) a punteggio medio e 39 (11,6%) un punteggio basso. Il numero di anni di esperienza come infermiere all’interno di un servizio endoscopico era correlato positivamente con il livello di conoscenza, le donne hanno dimostrato una conoscenza maggiore degli infermieri uomini (30,8 vs 28,4;p < .01). Gli infermieri che hanno effettuato corsi di aggiornamento non hanno presentato un livello di conoscenza maggiore, mentre un numero maggiore di programmi formativi IBD frequentati era significativamente associato a un livello superiore di conoscenza globale. Le domande a cui gli infermieri hanno risposto con un punteggio più elevato sono state quelle relative alla cromoendoscopia, all’enteroscopia, alla lettura dei valori della calprotectina fecale e alla gestione della terapia biologica. Mentre quelle con punteggio più basso sono state quelle relative alla preparazione intestinale, alla lettura e comprensione del referto, all’uso della videocapsula.
Nella nostra indagine, il 62% dei centri endoscopici collaborava con una IBD-Unit. La presenza di percorsi dedicati (IBD-UNIT-ENDOSCOPIA) per pazienti IBD è stata del 35%, mentre liste per pazienti IBD solamente nel 47%. L’analisi della disponibilità di protocolli è stata scoraggiante, difatti il personale infermieristico usa protocolli per la gestione infermieristica di fistole solamente nel 6%, per la gestione delle stomie nel 9.2%, e per la gestione dell’ansia solamente nel 12,5% dei casi.
Abbiamo inoltre indagato l’aspetto della sedazione durante l’esame endoscopico, ed è emerso che la sedazione cosciente con midazolam e petidina viene utilizzato prevalentemente nella CU moderata-grave (41,1%) rispetto a quella profonda (15,2%) o nessuna sedazione (17,6%). Mentre nella MC, la sedazione cosciente è utilizzata nel 65% dei casi, mentre la sedazione profonda è utilizzata nel 12,8%. Il 4.8% con MC non riceve nessuna sedazione.
La necessità di formazione, che affronti specificamente i problemi correlati a IBD, è stata considerata critica dal 94% degli infermieri, e il 67% di loro ha cambiato atteggiamento ed è diventato più sensibile verso i pazienti con IBD e problemi relativi all’IBD semplicemente leggendo il questionario.
Come è nata l’esigenza della ricerca e quali sono state le conclusioni?
Lo studio in oggetto rappresenta l’evoluzione di un’esigenza nata dalla pratica assistenziale quotidiana, come Infermiere dedicato alle malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI), in inglese Inflammatory Bowel Disease (IBD). Prima di approdare al CEMAD nella IBD-Unit ho avuto un’esperienza pluriennale in ambito endoscopico presso il Servizio di Endoscopia della FPG. Questo percorso ha aumentato la mia consapevolezza sulla necessità di attenzionare in ambito endoscopico i pazienti affetti da IBD. Ho avuto modo di conoscere la fragilità e in alcuni casi l’enorme resilienza che questi pazienti trasportano quotidianamente nel loro bagaglio umano. Gestire dei pazienti con patologie croniche rappresenta la sfida più ardua per il sistema sanitario e gestire i pazienti affetti da IBD in ambito endoscopico con competenza e qualità assistenziale dovrebbe essere un punto fermo di ogni IBD-Unit e Centro Endoscopico di alto livello.
Inoltre, dovrebbe essere attuata una campagna di sensibilizzazione in tutti i centri di endoscopia e corsi di aggiornamento continui per il personale infermieristico. Ciò porterebbe non solo ad aumentare la qualità assistenziale ma anche a migliorare la soddisfazione e la fiducia dei pazienti stessi verso i centri di cura.
Ringraziamo il dr. Napolitano per il prezioso contributo: qui trovi la seconda parte dell’intervista, sulle necessità dei pazienti IBD sottoposti a procedure endoscopiche e sul percorso che è stato studiato per loro al CEMAD.



