La prima risposta è un sì: in quarantena gli italiani hanno consumato a casa più verdura e frutta, in particolare biologica, come registrano i dati sui consumi che mostrano in questo settore un incoraggiante segno positivo del 14% (fonte Il Sole 24 Ore)
Una tendenza che viene da lontano, una spinta verso un’alimentazione al contempo sana e sostenibile, molto ben fotografata da questo articolo di Terra e Vita che ne rintraccia la motivazione di fondo “nei consumatori è cresciuta la consapevolezza che una giusta alimentazione sia lo strumento più adeguato per prevenire e gestire disfunzioni fisiche come l’eccesso di colesterolo, l’ipertensione, il diabete e l’obesità”.
Su questo tema, così importante per la salute e la vita nel suo complesso, abbiamo chiesto un intervento alla Dott.ssa Cristina Mele (Direttore UOSA di Nutrizione Avanzata in Oncologia Pol. Gemelli IRCCS)
“La percezione che qualcosa sia radicalmente cambiato nella scelta degli alimenti da riporre nel carrello della spesa viene dall’analisi delle anamnesi alimentari di coloro che, per differenti necessità cliniche, si recano in ospedale in un ambulatorio di Nutrizione.
Infatti, soprattutto tra le nuove generazioni, si assiste ad una ricerca più consapevole su come comporre ogni pasto della giornata, non tanto in termini di “calorie” come accadeva molti anni fa (con le Aziende Agro alimentari che hanno per questo sviluppato prodotti “light”, ipocalorici, ipolipidici, a basso contenuto di colesterolo, bevande a “zero calorie”, prodotti da forno infarciti di edulcoranti, conservanti ed aromi naturali, che possono modificare profondamente l’eubiosi del microbiota intestinale) ma prestando estrema attenzione alla qualità delle materie prime, sia vegetali sia animali, alle modalità di coltivazione ed allevamento ed al “viaggio” degli alimenti dal produttore al consumatore finale.
Grazie anche alla diffusione delle “cucine etniche” ed alla generale propensione per i viaggi internazionali è notevolmente migliorata la conoscenza delle materie prime che costituiscono la base della dieta Mediterranea, soprattutto cereali e “pseudocereali”: fino a qualche anno fa era impensabile prescrivere una dieta priva di glutine inserendo alimenti come il miglio, la quinoa, l’amaranto, totalmente sconosciuti ai più ed assolutamente introvabili nella grande distribuzione.
Oggi esistono forum in cui si scambiano ricette di pane aglutinato fatto in casa, di piadine a base di farina di grano saraceno e di quinoa e di timballi a base di pasta confezionata con farina di ceci o di lenticchie rosse. Naturalmente sono stati ancora una volta i consumatori, diventati più colti e consapevoli, ad orientare la grande distribuzione che ha riconvertito la produzione, mettendo così a disposizione delle grandi catene di supermercati interi scaffali di prodotti biologici, di farine dall’integrale alla doppio zero, passando per la riscoperta dei grani antichi, i cui nomi sono comparsi sulle etichette di molti prodotti da forno; questi, poi, merendine e biscotti devono essere rigorosamente integrali per soddisfare le esigenze di un numero crescente di consumatori e magari arricchiti con i betaglucani dell’avena.
E tutto questo prestando estrema attenzione al confezionamento, che deve essere il più possibile sobrio, fatto di materie prime riciclate (carta soprattutto), da cui la plastica fatta di petrolio deve essere bandita e sostituita da materiali derivati dai cereali: sono troppi, ormai, coloro che conoscono l’impatto degli interferenti endocrini sulla nostra salute e che preferiscono spendere un po’ di più anche per il sale da cucina, ricorrendo a quello delle miniere di salgemma, che risalgono ad ere geologiche passate e che per questo non sono contaminate dalla plastica.
Nei prossimi anni questi cambiamenti saranno ancora più diffusi e condivisi e si tornerà ad apprezzare un’alimentazione basata su prodotti naturali, locali, legati alle stagioni, cucinati in maniera poco elaborata, che non compromettano troppo le risorse idriche ed il precario equilibro dei nostri campi e dei nostri mari: ridurremo la quantità degli alimenti nei nostri carrelli della spesa, gettando meno cibo nei cassonetti, ma pretenderemo tutti che la qualità di ciò che mangiamo sia sempre più elevata: grandi opportunità di mercato si aprono a coltivatori ed allevatori avveduti”.