Ai tempi del COVID19, anche le navi da crociera diventano delle case history, in grado di fornire preziose informazioni agli scienziati. L’antesignana di questa new wave di esperimenti (suo malgrado) è stata la Diamond Princess, la lussuosa nave rimasta ancorata in quarantena nel porto di Yokohama dal 3 febbraio e per varie settimane a seguire, con 3.711 persone a bordo, tra passeggeri e membri dell’equipaggio (tra i quali il celebre capitano Gennaro Arma). Durante questo periodo, a bordo della Princess si sono registrati 712 casi di contagio e 10 decessi. E la Princess è solo il primo capitolo di una lunga storia; da allora, casi di COVID-19 sono stati registrati su altre 25 navi da crociera.
L’esperienza sul campo della sfortunata nave ha permesso al mondo di capire quanto contagioso fosse questo nemico invisibile e quanto sia pericoloso, ma ha dato anche un’idea dell’esistenza di un gran numero di contagiati asintomatici.
“Le navi da crociera – afferma in un’intervista realizzata da Nature John Ioannidis, epidemiologo della Stanford University in California – rappresentano l’esperimento ideale condotto su una popolazione chiusa. Permette di capire esattamente chi è a rischio ed è possibile controllare tutti in maniera puntuale”. Condizioni cioè molto diverse da quelle real life, cioè nella popolazione generale, dove ad emergere ed attirare l’attenzione sono solo i casi sintomatici, gli unici che vengono testati e monitorati.
Il virus ha avuto carta bianca sulla nave, grazie alla vicinanza dei passeggeri e alla loro età media avanzata.
Il personale sanitario giapponese ha effettuato oltre 3.000 tamponi sui passeggeri della Princess, cominciando da quelli sintomatici e dai più anziani e ripetendoli nel tempo sugli stessi passeggeri per capire le modalità di diffusione del contagio. Questo ha fornito la misura di un dato di solito ‘nascosto’ a tutti gli studi epidemiologici e cioè di quante persone vengono realmente contagiate (tra sintomatici e asintomatici), durante un’epidemia. In questo modo, un gruppo di ricercatori è stato in grado di evidenziare che ad essere completamente asintomatico era il 18% di tutti i positivi rilevati sulla nave. Il dato è pubblicato su Eurosurveillance “ma non può essere estrapolato alla popolazione generale – spiega Gerardo Chowell – epidemiologo della Georgia State University di Atlanta (Usa) e coautore dello studio – vista l’età media molto avanzata dei passeggeri della nave (che, se contagiati, hanno dunque un’alta probabilità di sviluppare la malattia in forma grave); ciò significa che la percentuale degli asintomatici nella popolazione generale è verosimilmente molto più alta”.
Un altro gruppo di ricercatori della London School of Hygiene and Tropical Medicine ha utilizzato i dati della Princess per fare una stima della percentuale di morti tra i casi confermati in Cina; il cosiddetto case fatality rate (CFR) è risultato dell’ordine dell’1,1%, decisamente inferiore alle stime dell’OMS che lo davano intorno al 3,8%. Fare semplicemente il rapporto tra il numero totale di decessi per il numero delle infezioni confermate – commenta uno degli autori – è tuttavia fuorviante, perché non considera il gran numero di contagiati asintomatici, ma solo le persone sottoposte al tampone; e questo può far apparire più ‘mortale’ di quanto non sia realmente questa infezione. Seguendo questi criteri, i ricettatori inglesi hanno stimato che il tasso di letalità (IFR) in Cina, cioè la percentuale di decessi su tutti i contagiati (compresi gli asintomatici) si aggiri sullo 0,5%.
Un’altra informazione desunta dai dati Princess è quanto siano efficaci le misure di contenimento nell’arrestare l’infezione. I passeggeri della nave sono stati tutti confinati all’interno delle loro cabine a partire dal 5 febbraio e per le successive due settimane abbondanti. Secondo Kenji Mizumoto, epidemiologo presso l’Università di Kyoto, fino al momento dell’introduzione della quarantena, un passeggero poteva infettarne altri 7; dopo aver implementato il confinamento in cabina, questo numero si è ridotto a meno di 1. Ciò significa che la quarantena è riuscita a scongiurare un numero enorme di infezioni, sebbene i passeggeri chiusi in cabina potessero continuare ad infettare i loro compagni e gli altri membri dell’equipaggio, con i quali venivano a contatto.
Insomma, #iorestoacasa si conferma una misura fondamentale nella guerra contro il COVID-19.
Maria Rita Montebelli